Il Sud che riscopre le sue Origini

Il Sud che riscopre le sue Origini
"Ni son todos los que están, ni están todos los que son" Gli Ebrei del Sud Italia che riscoprono le loro tradizioni di Sefarditi

27 dic 2013

Leone Hebreo-Dialoghi D'Amore

LEONE HEBREO-DIALOGHI

FILONE E SOFIA
D'AMORE E DESIDERIO
DIALOGO PRIMO

Filone
Il conoscerti, o Sofia, causa in me amore e desiderio.
Sofia
Discordanti mi paiono, o Filone, questi effetti, che la cognizione di me in te produce; ma forse la passione ti fa dire così.
Filone
Da' tuoi discordano, che sono alieni d'ogni correspondenzia.
Sofia
Anzi fra lor stessi son contrari affetti della volontà, amare e desiderare.
Filone
E perché contrari?
Sofia
Perché le cose che da noi son stimate buone, quelle che aviamo e possediamo, le amiamo; e quelle che ci mancano, le desideriamo: di modo che quel che s'ama, prima si desidera e, di poi che la cosa desiderata s'è ottenuta, l'amore viene e manca il desiderio.
Filone
Che ti muove ad avere questa oppinione?
Sofia
L'esemplo de le cose che sono amate e desiderate. Non vedi tu che la sanità, quando non l'aviamo, la desideriamo, ma non diremo già amarla; dipoi che l'aviamo, l'amiamo e non la desideriamo. Le ricchezze, le eredità, le gioie, innanzi che s'abbino, son desiderate e non amate; dipoi che si sono avute, non si desiderano più, ma s'amano.
Filone
Benché la sanità e le ricchezze, quando ci mancano, non si possino amare perché non l'aviamo, niente di manco s'amano d'averle.
Sofia
Questo è un parlare improprio il dire amare, cioè di volere avere la cosa, che si vuol dire desiderarla: perché l'amore è della medesima cosa amata, e il desiderio è d'averla o acquistarla; né pare possino stare insieme amare e desiderare.
Filone
Le tue ragioni, o Sofia, più dimostrano la sottigliezza del tuo ingegno che la verità de la tua oppinione; perché se quello che noi desideriamo, non l'amiamo, desideraremo quel che non s'ama e, per consequente, quel che s'aborrisce e ha in odio: che non potria essere maggiore contradizione.
Sofia
Non m'inganno, o Filone, ch'io desidero quel che, se bene per non possederlo non l'amo, quando l'averò, sarà amato da me e non più desiderato; né, per questo, desidero mai quel ch'io aborrisco, né ancor quello ch'io amo; perché la cosa amata si ha, e la desiderata ci manca. E qual più chiaro esemplo si può dare che quel de' figliuoli? che chi non gli ha, non gli può amare, ma gli desidera; e chi gli ha, non gli desidera, ma gli ama.
Filone
Così come dimostri per esemplo di figliuoli, ti deveresti ricordare del marito; il quale, innanzi che s'abbi, si desidera e amasi insieme, e, dipoi che s'è avuto, manca il desiderio e alcuna volta l'amore; se bene in molte, non sol perseveri, ma ancor cresca; il che molte volte occorre similmente al marito, de la moglie. Questo esemplo non ti par più suffiziente per confermare il mio detto, che il tuo per reprovarlo?
Sofia
Questo tuo parlare mi satisfà in parte ma non in tutto, massime seguendo il tuo esemplo, simigliante al dubio del qual disputiamo.
Filone
Ti parlarò più universalmente. Tu sai che l'amore è de le cose che sono buone o ver stimate buone, perché qual vuoi cosa buona è amabile. E così come son tre sorte di buono, profittevole, delettabile e onesto, così sono ancor tre sorte d'amore: che l'uno è il delettabile, l'altro il profittevole, e l'altro l'onesto. Li quali due ultimi, quando si hanno, in alcun tempo debbeno esser amati, o veramente innanzi che sieno acquistati, o ver di poi. Il delettabile non è amato già di poi; perché tutte le cose che dilettano i nostri sentimenti materiali, di sua natura, quando son possedute, più presto sono aborrite che amate. Bisogna adunque, per questa ragione, tu conceda che tal cose s'amano innanzi che si possegghino e, similmente, quando si desiderano; ma perché, dipoi che interamente si son possedute, manca il desiderio, manca ancor il più de le volte l'amore di quelle. E per questo concederai che l'amor e 'l desiderio possono stare insieme.
Sofia
Le tue ragioni (secondo il mio iudizio) hanno forza per provare quel tuo primo detto; ma le mie, che gli son contrarie, non son però debili né spogliate di verità. Come è possibile adunque che una verità sia contraria de la medesima verità? Solvimi questa ambiguità, che mi fa stare assai confusa.
Filone
Io vengo, o Sofia, per domandarti rimedio a le mie pene; e tu mi domandi soluzione dei tuoi dubi. Forse il fai per desviarmi da questa pratica, la qual non t'aggrada; o veramente perché i concetti del mio povero ingegno ti dispiaceno, non manco che li affetti della mia affannata volontà.
Sofia
Non posso negare non abbi più forza in me, a commovermi, la soave e pura mente, che non ha l'amorosa volontà; né per questo credo farti ingiuria, stimando in te quel che più vale: che, se m'ami come dici, debbi più presto procurare di quietarmi l'intelletto, che incitarmi l'appetito. Sicché, lassato da parte ogni altra cosa, solvimi questi miei dubi.
Filone
Se bene la ragione in contrario è pronta, niente di manco per forza bisogna ch'io segua il tuo volere: e questo viene dalla legge che han posto i vincitori amati a' sforzati e vinti amanti. Dico che sono alcuni contrari in tutto a la tua oppinione, li quali tengono l'amore e il desiderio essere in effetto una medesima cosa, perché tutto quel che si desidera vogliono ancor che s'ami.
Sofia
Sono manifestamente in errore: ché, se ben se li concede tutto quel che si desidera s'ami, certo è molte cose s'amano che non si desiderano, come interviene in tutte le cose possedute.
Filone
Hai arguito contra rettamente; ma alcuni altri credono che l'amore sia un certo che, qual contenga in sé tutte le cose desiderate, ancor che non s'abbino, e similmente le cose buone acquistate [e] avute, quali non si desiderano più.
Sofia
Né questo ancor mi consuona; perché, come si dice, molte cose son desiderate le quali non possono essere amate, perché non sono in essere: e l'amore è de le cose che sono, e il desiderio è proprio di quelle che non sono. Come possiamo noi amar i figlioli e la sanità, se non l'aviamo? se ben la desideriamo. Questo mi fa tener l'amore e 'l desiderio esser due affetti contrari de la volontà. E tu m'hai detto che l'uno e l'altro possono star insieme. Dichiarami questo dubio.
Filone
Se l'amore non è se non de le cose che hanno essere, il desiderio perché non sarà di quelle ancora?
Sofia
Perché, così come l'amore presuppone l'essere de le cose, così il desiderio presuppone la privazione di quelle.
Filone
Per qual ragione l'amore presuppone l'essere de le cose?
Sofia
Perché bisogna che il conoscimento preceda all'amore: ché nissuna cosa si potria amare, se prima sotto spezie di buona non si conoscesse; e nissuna cosa cade in nostro conoscimento, se prima effettualmente non si trova in essere. Perché la mente nostra è uno specchio ed esemplo o, per dir meglio, una immagine de le cose reali: di modo che non è cosa alcuna che si possa amare, se prima non si truova in essere realmente.
Filone
Tu dici la verità. Ma, ancor per questa medesima ragione, il desiderio non può cadere se non nelle cose che hanno essere; perché non desideriamo se non quelle cose che primamente conosciamo sotto spezie di buone. E per questo il filosofo ha diffinito il buono esser quello che ciascuno desidera; poi che il conoscimento è de le cose che hanno essere.
Sofia
Non si può negare che 'l conoscimento non preceda al desiderio. Ma più presto direi che, non solamente ogni cognizione è delle cose che sono, ma ancora di quelle che non sono: perché il nostro intelletto giudica una cosa che è come la giudica, e un'altra che non è così. E poiché il suo offizio è il discernere in l'essere delle cose e nel non essere, bisogna conosca quelle che sono e quelle che non sono; direi adunque che l'amor presuppone la cognizione de le cose che sono, e il desiderio di quelle che non sono e di quelle che noi siamo privi.
Filone
Tanto a l'amore quanto al desiderio precede il conoscimento de la cosa amata o disiderata, qual è buona. E a nissuno di loro la cognizione deve essere altro che buona: perché tal cognizione saria causa di far aborrire la cosa conosciuta totalmente, e non desiderarla o amarla. Sì che l'amore come il desiderio parimente presuppongono l'essere de le cose, così in realità come in cognizione.
Sofia
Se il desiderio presupponesse l'essere de le cose, ne seguirebbe che, quando giudichiamo la cosa che è buona e desiderabile, sempre tal giudizio saria vero. Ma non vedi tu che molte volte è falso, e non si truova così ne l'essere? parrebbe adunque che il desiderio non presupponesse sempre l'essere de la cosa desiderata.
Filone
Questo medesimo che dici, non meno accade ne l'amore che nel desiderio: perché molte volte quella che è stimata buona e amabile, è gattiva e debbe esser aborrita. E così come la verità del giudizio de le cose causa li diritti e onesti desidéri, da' quali derivano tutte le virtù e fatti temperati e opere laudabili: così la falsità di tal giudizio è causa de' gattivi desidéri e disonesti amori, da' quali tutti i vizi ed errori umani derivano. Talché l'uno come l'altro presuppone l'essere de la cosa.
Sofia
Non posso teco, o Filone, volare tanto alto: veniamo, di grazia, più al basso. Io pur veggo nissuna di quelle cose che più desideriamo propriamente s'ami.
Filone
Noi desideriamo ben sempre quello che non aviamo, ma non per questo quello che non è: anzi il desiderio suol esser de le cose che sono, quali non possiamo avere.
Sofia
Ancor suole esser di quelle cose, che effettualmente non sono e desideriamo ben che sieno, quali non desideriamo già averle: come desideriamo che piova quando non piove, e che facci buon tempo, e che venga uno amico, e che alcuna cosa si facci. Le qual cose, perché non sono, desideriamo che sieno per averne profitto, ma non per averle; né per questo diremo amarle. Di modo che 'l desiderio è de le cose che non sono.
Filone
Quel che non ha essere alcuno, è niente: e quel che è niente, così come non si può amare, ancor non si può né desiderar né avere. E queste cose che hai dette, se ben non sono in essere presente attualmente quando si desiderano, niente di manco l'essere loro è possibile; e de l'essere possibile ancor si può desiderar che venghino a l'essere attuale. Così come quelle che sono e non l'aviamo, da la parte che sono si possono desiderare che sieno possedute da noi. Sì che tutto il desiderio o è che abbi da essere quel che non è, o di avere quello [che] ci manca. Come vuoi che ogni desiderio presupponga in parte l'essere in parte la privazione, e desideri il compimento che gli manca de l'essere? Sì che 'l desiderio e l'amor son fondati ne l'essere de la cosa, e non nel non essere. E a la cosa desiderabile tre titoli gli debbeno precedere per ordine: il primo è l'essere, il secondo la verità, terzio che sia buona; e con questi, viene a essere amata e desiderata. Il che non potria essere, se innanzi non fusse stimata per buona, perché in altro modo non s'amerebbe né desiderarebbe. E innanzi che sia giudicata buona, bisogna sia riconosciuta per vera; e come realmente si truova innanzi del conoscimento, bisogna che abbi l'essere reale. Perché prima è la cosa in essere, di poi s'imprime ne l'intelletto, e di poi si giudica essere buona: e ultimamente s'ama e desidera. E per questo il Filosofo dice che l'essere vero e [il] buono si convertono in uno. Se non che l'essere è in se medesimo; e il vero, quando è impresso ne l'intelletto; il buono è quando viene da l'intelletto e volontà a l'acquisto de le cose mediante l'amore e desiderio. Di sorte che, non meno il desiderio presuppone l'essere, che l'amore.
Sofia
Io pur veggo che desideriamo molte cose, l'essere de le quali non solo manca nel desiderante, ma ancora in lor medesime: come è la sanità e li figliuoli, quando non l'aviamo; in le quali certamente non cade amore, ma solamente desiderio.
Filone
Quello che si desidera, se bene manchi al desiderante e in sé non ha essere proprio, non per questo è privato in tutto de l'essere, come dici: anzi bisogna che in qualche modo abbi essere, altrimenti non potria essere conosciuto per buono né desiderato, se ben non ha essere proprio. E così dico de la sanità ne l'infermo, che la desidera perché ha essere ne li sani, e ancora era in lui innanzi s'infermasse. E similmente de' figliuoli: se bene non hanno essere in quelli che li desiderano perché gli mancano, niente di manco hanno essere in gli altri; perché qual vuoi uomo è ovver è stato figliuolo; e per questo, chi non gli ha, gli conosce e giudica essere cosa buona e gli desidera. E queste tali sorte d'essere son bastanti dare ad intendere la sanità a l'infermo, e così a quelli che desiderano figliuoli e non gli hanno. Di modo che l'amore e 'l desiderio sono de le cose che in qualche modo hanno essere reale e son conosciute sotto spezie di buone; escetto che l'amore pare essere comune a molte cose buone, possedute e non possedute, ma il desiderio è di quelle che non son possedute.
Sofia
Secondo il tuo parlare, ogni cosa desiderata saria amata, come dicesti esser oppinione d'alcuni; e saria un genere che conterria in sé tutte le cose stimate buone: e così quelle che non si posseggono e si desiderano, come quelle [che] si posseggono e non si desiderano, tutte, secondo la tua oppinione, sariano amate. E a me non pare che le cose che del tutto mancano (come queste che dissi de la sanità e de' figliuoli), chi non le ha, benché le desideri, le possi amare: perché l'essere che dicesti avere in gli altri, non basta per conoscerle, e per conseguenzia non basta per amarle. Perché non amiamo li figliuoli d'altri né la sanità d'altri; ma la propria: e quando ci manca, come si può amare, se ben si desidera?
Filone
Non siamo adesso molto lontani da la verità; ancor che vulgarmente tutte le cose desiderate si dicono essere amate per essere stimate buone. Ma, correttamente parlando, non si possono dire amate quelle che non hanno alcuno essere proprio, come è la sanità e figliuoli quando ci mancano. Parlo de l'amor reale: ché l'immaginato si può avere in tutte le cose desiderate, per l'essere che hanno nell'immaginazione; dal qual essere immaginato nasce un certo amore, il suggetto del quale non è la cosa propria reale che si desidera (per non avere ancor essere in realità, propriamente), ma solo il concetto di quella cosa, pigliata del suo essere comune. E di tale amor il suo soggetto è improprio, perché non è vero amore, ché gli manca il suggetto reale; ma è solamente simulato e immaginato, perché il desiderio di tal cose è spogliato di vero amore. Di sorte che si truovano nelle cose tre sorte d'amore e desiderio: de le quali alcune sono amate e desiderate insieme: come è la verità, la sapienza e una persona degna, quando non l'aviamo; altre sono amate e non desiderate: come son tutte le cose buone avute e possedute; alcune altre son desiderate e non amate: come è la sanità, li figliuoli quando ci mancano, e l'altre cose che non hanno essere reale. Sono adunque le cose amate e desiderate insieme, quelle che son stimate buone e hanno essere proprio e ci mancano; le amate e non desiderate son quelle medesime, quando l'aviamo e possediamo; e le cose desiderate e non amate son quelle che, non solamente ci mancano, ma ancora non hanno in sé essere proprio, nel qual possi cadere amore.
Sofia
Ho inteso il tuo discorso, che assai mi piace. Ma io veggo molte cose che hanno essere proprio reale e, quando non l'aviamo, le desideriamo; ma non l'amiamo fin che non si sono avute, e allora s'amano e non si desiderano: come son le ricchezze, una casa, una vigna, una gioia: quali, stando in poter d'altri, si desiderano e non s'amano per essere d'altri, ma, poi che si sono avute, mancando il desiderio di quelle, se li pone amore. Sì che, innanzi che sieno acquistate, solamente son desiderate e non amate; e dipoi che sono acquistate, solamente sono amate e non desiderate.
Filone
In questo hai detto la verità. E io non dico che tutte le cose desiderate (che hanno essere proprio) sieno ancor amate; ma ho affermato che quelle che son desiderate, parimente debbeno aver essere proprio, ché altrimenti, si ben si desiderano, non si possono amare. E per questo non t'ho dato esemplo né di gioia né di casa, ma di virtù, di sapienzia, o di degna persona; ché queste, quando mancano, sono amate e desiderate parimente.
Sofia
Dimmi la causa di questa differenzia che si truova ne le cose desiderate che hanno essere proprio: perché alcune di quelle, quando son desiderate, ancor possono essere amate, e alcune no.
Filone
La causa è la differenzia de le cose amabili. Le quali, come sai, sono di tre sorte: utili, delettabili e oneste; le quali diversamente si hanno ne l'amore e nel desiderio.
Sofia
Dichiarami la differenzia che è infra loro, cioè amare e desiderare. E perché meglio vi possa intendere, vorrei che facessi diffinizione a l'amore e al desiderio, a fin che in tal diffinizione possi comprendere tutte tre le sorti di quelle.
Filone
Non è così facile diffinire l'amore e il desiderio con diffinizione accomodata a tutte le sue spezie, come ti pare; ché la natura d'essi diversamente si truova in ciascuno di loro; né si legge gli antichi filosofi averli dato così ampla diffinizione. [Ampla diffinizione], niente di manco, per quello che secondo la presente narrazione mi consuona, è diffinire che cosa sia affetto volontario de l'essere o di avere la cosa stimata buona che manca, e di diffinire l'amore, che è affetto volontario di fruire con unione la cosa stimata buona. E da queste diffinizioni conoscerai, non solamente la differenzia di tali affetti de la volontà, (che l'uno, come t'ho detto, è di fruire la cosa con unione, e l'altro de l'essere o di averla); ma ancora vedrai, per quelle, il desiderio essere de le cose che mancano, [e] niente di manco l'amore può essere di quelle che si hanno e ancor di quelle che non si hanno; perché il fruire con unione può essere effetto de la volontà, così ne le cose che ci mancano, come in quelle che aviamo; perché tal'affezione non presuppone abito né mancamento alcuno, anzi è comune a tutti due.
Sofia
Ancor che tali diffinizioni avrebbero bisogno di più larga dichiarazione, pur mi basta assai per introduzione di quello che ti domando de la causa de la diversità che si truova in amare e desiderare, in le tre sorte che hai detto: utile, delettabile e onesto. Segue adunque.
Filone
L'utile come sono ricchezze, particulari beni d'acquisto, non sono mai amate e desiderate insieme. Anzi, quando non si hanno, si desiano e non s'amano, per essere d'altri; ma quando sono acquistate, cessa il desiderio d'esse, e allora si amano come cose proprie e si godeno con unione e proprietà. Niente di manco, se ben cessa il desiderio di quelle particular ricchezze già possedute, nasce immediate nuovi desii d'altre cose aliene: e quelli uomini la volontà de' quali guarda a l'amore de l'utile, hanno diversi e infiniti desii, e, cessando l'uno per l'acquistare, viene l'altro maggiore e più affannoso. Tal che mai saziano sua volontà di simili desidéri; e quanto più posseggono, tanto più desiano; e sono simili a quelli che cercano spegnare la sua sete con l'acqua salata, che, quanto più beveno, tanto in lor produce maggior sete. E questo desìo de le cose utili si chiama ambizione o vero cupidità; il temperamento di quello si chiama contentamento o vero satisfazione del necessario, ed è eccellente virtù; e chiamasi ancora suffizienzia, perché si contenta del necessario. E li savi dicono che 'l vero ricco è quello che si contenta di quel che possiede. E così come l'estremo di questa virtù è la cupidità del superfluo, così l'altro estremo è il lassare di desiare il bisogno, e chiamasi negligenzia.
Sofia
Che dici tu, Filone! Non son molti filosofi che giudicano tutte le ricchezze doversi lassare? E alcuni, per dire il vero, non le hanno lassate.
Filone
È stata ben questa oppinione d'alcuni filosofi stoici e accademici. Ma quella non è negligenzia il lassare di desiderare e procurare il bisogno; ché lo facevano per convertirsi alla vita contemplativa con intima e contenta contemplazione: alla quale vedevano le ricchezze essere grande impedimento, perché occupano la mente e la divertiscono da la sua medesima opera speculativa e da la contemplazione, ne la qual consiste sua perfezione e felicità. Ma li peripatetici tengono che s'abbi da procurare le ricchezze, essendo di bisogno per vita virtuosa; e dicono che, se ben le ricchezze non son virtù, sono almanco instrumento di quelle, perché non si potria usare liberalità né magnificenzia, limosine né altre opere pietose, senza beni necessari e bastanti.
Sofia
Non è assai, per simili opere virtuose, la buona disposizione de l'animo, pronto per farle quando avesse il modo? E così, senza ricchezze, l'uomo potria essere virtuoso.
Filone
Non basta tal disposizione senza l'opere; perché le virtù son abito di ben fare, le quali s'acquistano perseverando ne le buone opere. Ed essendo così che tali opere non si possono fare senza beni, ne segue che senza quelli non si possono aver simili virtù.
Sofia
E perché non conobbero questo li stoici? e li peripatetici come possono negare che le ricchezze non divertino l'animo da la felice contemplazione?
Filone
Concedono li stoici che alcuna virtù domestica e urbana non si può acquistare senza beni. Ma non t'inganni che consista in quelli la felicità: anzi in la vita intellettiva e contemplativa; per la quale si debbeno lassare le ricchezze, e ancor le virtù che da quelle procedono veder non si convertino in vizi, ma in altre virtù più eccellenti e più propinque a l'ultima felicità. Né questo possono negare li peripatetici. Né in fra loro è altra differenzia se non che li stoici, con il desio del più nobile, non fêrno conto del necessario per alcune virtù morali, quali hanno bisogno de' beni: come in effetto conviene agli uomini molto eccellenti che, cercando acquistare l'ultima felicità, avendo la chiarezza del sole, cercano lume di candela, massime conoscendo tali beni il più de le volte essere causa di vizi più che di virtù. Ma li peripatetici, conoscendo le ricchezze non essere necessarie a simili uomini quali son chiari, hanno dimostrato altre gran virtù per inferiori di quelle e hanno monstrato come alcune di quelle virtù s'acquistano mediante li beni. Però così l'uno come l'altro concedono che la negligenzia è il lassare di desiare il necessario, qual è in quelle virtù che non s'hanno mediante l'intellettual contemplazione. Sarà adunque vizio contrario de la cupidità del superfluo; e la suffizienzia di desiderare il necessario è il mezzo delli due estremi, il quale è eccellente virtù nel desio de le cose utili.
Sofia
Sì come hai mostrato del disio de le cose utili un mezzo virtuoso e due estremi viziosi, trovansi altri simiglianti mezzi ed estremi ne le cose utili e già possedute?
Filone
Sì che si truovano, e non meno manifesti. Perché il sfrenato amore che si ha alle ricchezze acquistate o possedute, è avarizia: qual è offizio vile ed enorme; perché quando l'amore de le proprie ricchezze è più del debito, causa la conservazione di quelle più del dovere, e di non dispensarle secondo l'onestà e l'ordine de la ragione. La moderazione in amare tali cose, con la conveniente dispensazione di quelle, è mezzo virtuoso e nobile; e chiamasi liberalità. Il mancamento de l'amore di queste cose possedute e non conveniente dispensazione di quelle, è l'altro estremo vizioso, contrario de l'avarizia; e chiamasi prodigalità. Sì che l'avaro come il prodigo son viziosi, sequendo gli estremi de l'amor de le cose utili; il liberale è virtuoso, che segue il mezzo di quelli. E in questo modo che t'ho detto, si truova l'amore e il desiderio in le cose utili temperatamente e stemperatamente.
Sofia
Mi consuona questo modo che m'hai detto. Vorria intendere ne le cose delettabili come l'amor sia in loro; che mi par più a nostro proposito.
Filone
Così come ne le cose utili il proprio e reale amore si truova insieme col desiderio, similmente in le delettabili il desio non si parte da l'amore: perché tutte le cose delettabili che mancano, fin che interamente si sono avute e s'abbi a suffizienzia di quelle, sempre che si desiderano o s'appetiscono, parimente s'amano. Il bevitore desidera e ama il vino innanzi che lo beva, fin che sia sazio di quello; il goloso desidera e ama il dolce innanzi che il mangi, fin che di quello sia sazio; e comunemente quel che ha sete, sempre che lo desidera, ama il bevere; e quello che ha fame, desidera e ama la vivanda; e l'uomo similmente desidera e ama la donna innanzi che l'abbi, e così la donna l'uomo. Hanno ancor queste cose delettabili tal proprietà che, avute che sono, così come cessa il desiderio di quelle, cessa ancor il più delle volte l'amore, e molte volte si converte in fastidio e aborrizione: perché quel che ha fame o sete, di poi ch'è sazio, non desidera più il mangiare né il bevere, anzi gli viene in fastidio. E così interviene in l'altre cose che materialmente dilettano: perché con sazietà fastidiosa cessa egualmente il desiderio di quelle; di modo che tutti due ne le cose delettabili vivono e muoiono insieme. Bene è vero che si truovano ne le cose delettabili alcuni intemperati, così come si truovano nell'utili: li quali mai si saziano né mai cercariano essere sazi, come sono i golosi, imbriachi e lussuriosi, a' quali dispiace la sazietà, e prestamente tornono di nuovo al desio e amor di quelle, ovvero in desio d'altre di quella sorte. E il desio di tali cose delettabili si chiama propriamente appetito, così come quel de l'utile si chiama ambizione o ver cupidità. L'escesso di desiderare queste cose che dànno dilettazione propria, e il conversare in quelle, si chiama lussuria: la qual'è vera lussuria carnale, o di gola, o d'altre superflue delicatezze, o indebite mollicie; e quelli che in simili vizi si nutriscono, si chiamano lussuriosi. E quando la ragione in qualche parte resiste al vizio, se ben da quello è superata, allora quei tali viziosi si chiamano incontinenti. Ma quelli che lassano la ragione del tutto, senza cercare di contrastare in parte alcuna a l'abito vizioso, si chiamano distemperati. E così come quest'estremo di lussuria è, ne le cose delettabili, vizio correspondente a l'avarizia e cupidità ne l'utile, così stimo essere vizio l'altro estremo de la superflua astinenzia, qual'è, ne l'utile, correspondente vizio a la prodigalità: perché l'uno è via a la robba, non conveniente a l'onesto vivere, e l'altro lassa la dilettazione necessaria al sostentamento de la vita e a la conservazione della sanità. Il mezzo di questi due estremi è grandissima virtù, e chiamasi continenzia. E quando, stimulando ancor la sensualità, la ragion vince con la virtù, si chiama temperanzia. Quando la sensualità del tutto cessa di dar stimulo a la virtuosa ragione, e l'una e l'altra consiste in contenersi temperatamente de le cose delettabili, senza mancare del necessario e senza pigliare del superfluo, la chiamano alcuni, questa virtù, fortezza; e dicono che 'l vero forte è quello che se medesimo vince, perché il delettabile ha più forza ne la natura umana che non ha l'utile, per essere quello con il quale lei conserva il suo essere. E per tanto chi può moderare questo escesso, con verità si può chiamare vincitore del più potente e intrinseco inimico.
Sofia
Mi piace quanto hai detto de l'amore e appetito in le cose delettabili. Ma mi occorre un dubio in quel che hai detto, che le cose delettabili si desiderano e amano quando ci mancano e non quando sono avute. Ché, se ben è così la verità quanto al desiderio, non pare essere vero ne l'amore di quelle: perché nel tempo che le dilettazioni s'acquistano, allora s'amano, ma non prima quando mancavano: perché par che 'l gusto di tal dilettazione vivifichi l'amore di quelle.
Filone
Non manco incita l'appetito e aguzza il desio e gusto di quelle, che si vivifichi l'amore: e tu sai che non s'appetisce né desidera se non quel che manca.
Sofia
Or come va questa cosa? perché noi vediamo che le cose delettabili, avendosi, non solamente s'amano ma ancor s'appetiscono. Adunque, quel che s'ha, deve mancare e non aversi.
Filone
È ben vero che simil cose, acquistandosi, s'amano e desiderano; ma non dipoi che interamente sono avute; perché, avute che sono, viene la lor compagnia, e perdesi egualmente l'appetito e l'amor di quelle; ché, mentre s'acquistano, non cessa il mancamento, fino a la sazietà. Anzi dico che, col primo gusto, si sforza il riconoscimento per l'approssimazione del delettabile, e con quello s'incita più l'appetito e vivificasi l'amore. E la causa è il sentimento de la privazione; e con la presenzia e partecipazione del gusto del delettabile che manca, si fa più forte e pungitivo e, quando si gusta tanto di tal diletti che si venghi a saziare, leva del tutto il mancamento: e con quello si leva insieme e cessa l'appetito e amore di tal dilettazione, e viene in fastidio e disamore. Sì che l'appetito e l'amore son congiunti al mancamento del delettabile e non a l'acquisto di quello.
Sofia
Mi basta in questo ciò che hai detto. Ma avendo detto quello in che sono simiglianti e dissimiglianti l'utile e il delettabile, in la ragione d'amare e desiderare, seguendo la causa de la simiglianza manifesta; mi resta occulta la ragione de la diversità o contrarietà de la volontà. La quale vorria conoscere: dico, perché ne l'utile l'amore non si trova con il desio insieme, anzi mentre si desidera non s'ama, e cessando il desio viene l'amore; e nel delettabile si truova il contrario, perché, tanto quanto si desidera s'ama, e cessando il desiderio cessa ancora l'amore. Dimmi come in due sorte d'amore tanto simiglianti si truova tante opposizioni, e qual'è la causa.
Filone
La causa è la diversità di godere queste due sorte di cose amate e desiderate. Perché, essendo l'utile ne la continua possessione de la cosa, quanto più si possiede, tanto più si gode sua utilità; per la quale l'amore non viene fin che non si possiede; e cessa il desiderio e poi vien continuandosi, quando si possiede; e mancando la possessione e veramente cessando dipoi ch'è avuta, se ben sarà desiderio, non però sarà amore. Ma del delettabile, la dilettazione sua non consiste in possessione né in abito o perfetta acquisizione, ma in una certa attenzione mescolata col mancamento; la qual cessata, in tutto fa mancare la dilettazione, e conseguentemente cessa l'appetito e l'amor di tal delettabile.
Sofia
Mi pare ragionevole che 'l desio richieda il mancamento del delettabile; ma l'amore più presto mi parrebbe richiedesse la presente dilettazione del delettabile; e come sia che non s'abbi in quel che del tutto manca, non si può ancor in essa avere amore, ben che s'abbi il desio. Di modo che l'amore del delettabile deve essere solamente in quanto diletta, e non innanzi quando manca, né di poi quando sazia.
Filone
Sottilmente hai dubitato, o Sofia; e in questo è ancor la verità di quel che dici, perché l'amor del delettabile non debbe essere quando la dilettazione è mescolata col mancamento. Ma tu hai da sapere che nel puro appetito del delettabile cade una fantastica dilettazione, se ben non si gode ancora in effetto; quel che non accade in ambizione de l'utile: anzi il mancamento suo produce tristezza al desiderante. E per questo vedrai comunemente gli uomini appetitosi del delettabile essere allegri e giocondi, e gli ambiziosi de l'utile essere malcontenti e malinconici. E la causa è perché il delettabile ha maggior forza ne la fantasia, che l'utile, quando manca; e l'utile ha maggior forza che 'l delettabile in la real possessione. Di sorte che nel delettabile non s'ha mancamento appetitoso senza dilettazione, né dilettazione effettuale senza mancamento; e per questa ragione in tutti due parimente s'ha amore e desiderio; escetto che nel mancamento appetitoso l'appetito e 'l desiderio hanno più forza che l'amore, e ne la effettual dilettazione l'amore è più forte che l'appetito.
Sofia
Mi consuona quel ch'hai detto: perché vediamo li immaginati sogni de le cose che molto dilettano produrre effettual dilettazione; e alcune volte il causa la forte fantasia di quelle, e ancor che siamo desti; la qual efficacia non è ne l'immaginazione de le cose utili. Ma una cosa mi resta a sapere, ch'è questa: de la comparazione di queste due sorte d'amore, qual di loro si truova più ampla e universale, e se si possono trovare insieme in una medesima cosa amata.
Filone
Molto più alto, amplo e universale è il delettabile, perché non tutto il delettabile è utile; anzi le cose che più sensibilmente dilettano sono poco utili a quella persona che dilettano, tanto in la propria disposizione del corpo e sanità, quanto ne li beni acquistati. Ma quella dilettazione, concorrendo con l'utile per la maggior parte, quando per l'utile è conosciuta, è delettabile quanto più ne l'utile dei beni acquistati. Li quali sempre, acquistandosi, generano dilettazione, a chi gli acquista, ancor che ne la sua continua possessione la dilettazione non sia tanta; perché tutta la dilettazione par che sia remedio de l'effetto de l'acquistare di quel che manca: donde più consiste ne l'acquistare de le cose, che nel possederle.
Sofia
Son satisfatta di quel che m'hai detto de le cose delettabili. Già mi parrebbe tempo d'intendere de l'amore e desiderio de la sorte de le cose oneste, perch'è il più eccellente e più degno.
Filone
Amare e desiderare le cose oneste è veramente quello che fa l'uomo illustre; perché tali amori e desidéri fanno eccellente quella parte de l'uomo più principale per la qual è uomo, o ver quella ch'è più lontana da materia e oscurità e più propinqua alla divina chiarezza: qual'è l'anima intellettiva; ed è quella sola che, fra tutte le parti o potenzie umane, si può schifare dalla brutta mortalità. Consiste dunque l'amore e desiderio de l'onesto in due ornamenti del nostro intelletto: ciò è virtù e sapienzia; perché questi sono il fondamento de la vera onestà. La qual precede a l'utilità de l'utile e a la dilettazione del delettabile, per essere il delettabile principalmente nel sentimento utile e nel pensamento, e l'onesto ne l'intelletto, che tutte l'altre potenzie escede; e per essere l'onesto il fine per il quale gli altri due sono ordenati. Perché l'utile è cercato per il delettabile, che, mediante le ricchezze e beni acquistati, si può godere e' diletti de la natura umana; il delettabile è per sostentamento del corpo; il corpo è istrumento che serve a l'anima intellettiva in sue azioni di virtù e sapienzia. Talché 'l fine de l'uomo consiste ne l'azioni oneste, virtuose e sapienti, le quali tutte l'altre azioni umane precedono e tutto l'altro amore e desiderio.
Sofia
Tu hai mostrato l'eccellenzia dell'onesto sopra il delettabile e utile; ma il proposito nostro è verso la differenzia ch'è fra l'amore e il desiderio ne l'onesto, e come sono simiglianti a quel che si truova nel delettabile e utile.
Filone
Già ero per dirtelo, se non m'interrompevi. L'amore e desiderio de le cose oneste è in parte somigliante a l'utile e delettabile insieme, e in parte simile al delettabile e dissimile a l'utile, e in parte simile all'utile e dissimile al delettabile, e in altra parte dissimile a tutti due.
Sofia
Dichiarami ciascuna di queste parti separatamente.
Filone
È simile l'onesto a li due altri, utile e delettabile, nel desiderio, perché è sempre di quel che manca: ché, così come si desiderano, le cose utili e delettabili quando mancano, così si desidera la sapienzia e atti e abiti virtuosi quando non s'hanno. È tanto simile l'onesto al delettabile in questo: che in tutti due parimente si truova l'amore col desiderio. Perché del medesimo modo che le cose delettabili, quando si desiderano, s'amano ancor che non siano avute; così la sapienza e virtù, mentre che non s'hanno, non solamente si desiderano ma ancor s'amano. Ma in questo l'onesto è dissimile a l'utile, anzi è contrario, che le cose de l'utile, quando non s'hanno, si desiderano e non s'amano.
Sofia
Qual'è la causa di questa simiglianza che ha l'onesto col delettabile, e de la dissimiglianza ch'ha con l'utile? ché di ragione le cose oneste (come la virtù e sapienzia quando non s'hanno non si debbono amare; ché la virtù e sapienzia nostra, quando non l'aviamo, non ha in sé essere alcuno) o son de la sorte de la sanità non avuta o de le cose che non hanno alcuno essere per il qual possino essere amate.
Filone
L'utile, quando non si possiede in atto, è totalmente alieno da chi lo desidera; e per questo, ancor che si truovi e abbia essere, non può essere amato. Ma il delettabile, come già t'ho detto, innanzi che s'abbi realmente, il desiderio di quello produce una certa incitazione e un certo essere delettabile ne la fantasia, il qual è suggetto de l'amore, perché quel poco essere è proprio de l'amante in se medesimo. E non manco, anzi molto più, il desiderio de la sapienzia e virtù e cose oneste causa un certo modo d'essere di quelle cose nell'anima intellettiva; però che il desiderare virtù e desiderare sapienzia è propria sapienza ed è più onesto desiderare. E questo tal essere, ne le cose oneste che si desiderano e non s'hanno, è proprio in noi altri ne la parte più eccellente; e però è degno il desiderio di tal cosa d'essere accompagnato da non lento amore. Di modo che più ampiamente può seguire l'essere desiderabile che si truova ne l'onesto, che quel che si truova nel delettabile. Sicché in tutti due si truova il desio accompagnato con l'amore, quando non s'hanno: il quale non si truova ne l'utile.
Sofia
Mi basta. Dichiarami l'altre due parti che restano.
Filone
Si confà l'onesto con l'utile ne l'amor de le cose interamente avute e possedute: ché sì come le cose utili, dipoi che si sono acquistate, s'amano, così la sapienzia e virtù de le cose oneste, dipoi che si posseggono, sono grandemente amate. Ne la qual cosa l'onesto è dissimile al delettabile, perché, dipoi che 'l delettabile s'è avuto perfettamente, non s'ama, ma più presto suol venire in odio e fastidio. Adunque l'onesto è dissimile a tutti due, utile e delettabile, non solamente ne l'essere accompagnato sempre da l'amore, così quando si desidera e non s'ha, come quando s'ha e non si desidera, (il che non si truova in alcuno degli altri due); ma ancora è dissimile a loro in un'altra cosa e notabil proprietà: che la virtù negli altri due consiste nel mezzo de l'amare e desiderare, (il superfluo de le cose delettabili e utili son gli estremi da' quali procedono tutti li maggior vizi umani); ma ne le cose oneste, quanto l'amor e desiderio è superfluo e sfrenato, tanto più è laudabile e virtuoso. E il poco di questo è vizio; ché chi di tale amor e desiderio fusse privato, non solamente sarebbe vizioso ma ancora inumano; però che l'onesto è il vero bene, e il bene, come dice il Filosofo, è quel che tutti gli uomini desiderano, se ben ciascuno naturalmente desideri sapere.
Sofia
Altrimenti mi par avere intesa questa dissimiglianza.
Filone
In che modo?
Sofia
Dicono che de l'onesto l'estremo del superfluo è virtuoso, perché, quanto più si desidera ama e segue, tanto più è virtù; e l'estremo del poco è vizio, perché non è maggiore vizio che lassare d'amare le cose oneste. Negli altri due, utile e delettabile, si truova l'opposito: perché la virtù consiste ne l'estremo del poco desiderare amare e seguire le cose utili e delettabili; e 'l vizio consiste ne l'estremo del molto cercarle e ne l'escessiva sollecitudine di quelle. Di sorte che la virtù de l'onesto è ne l'escessivo amore di quello, e il vizio nel poco amore; e la virtù de l'utile e delettabile è in amarli poco, e il vizio in amarli assai.
Filone
In alcuna sorte d'uomini è vera questa tua sentenzia, perché la virtù de l'utile e delettabile consiste ne l'estremo del poco amarli e seguirli; ma non è vera universalmente, perché comunemente ne la vita morale la virtù di questi due consiste nella mediocrità e non in estremo alcuno. Ché, così come è vizio amare troppo l'utile e delettabile, così è vizio ancora il non amarlo, o, per dire meglio, amarlo manco del bisogno, come di sopra t'ho detto. E li peripatetici (è ben vero) in quelli che seguono la vita contemplativa e intellettuale, ne la qual consiste l'ultima felicità, hanno per vizio la cura de le cose utili e il desiderio del delettabile, non solo ne l'escesso, ma ancora nel mediocre; e la strettezza è necessaria per la intima contemplazione, perché l'uso di quelli è non poco impedimento; e il necessario suo consiste in molto manco che non fa quel de' virtuosi mortali, secondo provano li stoici. Di modo che ne la vita morale la virtù consiste nel mezzo de le cose utili e delettabili; e in la vita contemplativa consiste ne l'estremo del poco utile e delettabile. In la vita morale tutti due l'estremi son vizi; ne la contemplativa il vizio consiste solo nel poco.
Sofia
Conosco come tutte due le sentenzie hanno luogo; ma dimmi la causa di questa dissimiglianza che si truova tra l'onesto, l'utile e 'l delettabile.
Filone
La causa è questa: che, sì come il sfrenato appetito de la dilettazione e l'insaziabil cupidità de le ricchezze, mettono al fondo la nostra anima intellettiva e nel loto de la materia, e oscurano la mente chiara con la tenebrosa sensualità; così l'insaziabile e ardente amore de la sapienzia e virtù de le cose oneste è quello che fa divino il nostro intelletto umano, e [che] il nostro fragil corpo, vaso di corruzione, converte in istrumento d'angelica spiritualità.
Sofia
La moderazione e mediocrità ne le cose utili e delettabili, non l'hai tu per oneste?
Filone
Poi che son virtù, perché non saranno ancora oneste?
Sofia
Adunque, se sono oneste, l'estremo suo perché è vizio? Ché tu hai detto le cose oneste aver la virtù ne l'escesso, e non nel poco e ancor ne la mediocrità; e da l'altra parte dici che de la mediocrità de l'utile e delettabile l'escesso è virtù. Questo parimente è contradizione.
Filone
Poiché hai sottile ingegno, procura di farlo sapiente. La virtù che si truova ne l'utile e delettabile, non è per sua natura: perché la sensual dilettazione (ovver la fantastica utilità de le cose esteriori, che sono aliene di spiritualità intellettiva, qual'è origine de le cose oneste), in quella quanto l'amore e desiderio è più eccellente, tanto la virtù e onestà è più degna. Ma l'utile e 'l delettabile solo possono avere ragione intellettuale ne la moderazione e mediocrità de l'amore e desiderio di quelle: ché tal moderazione e mediocrità è solamente la virtù che in quelle si truova, e, mancando quel mezzo, più o meno è vizio ne l'utile e delettabile. Perché questi tali amori, spogliati di ragione, sono gattivi e viziosi e più presto d'animali bruti che d'uomini; e il mezzo, che la ragione fa in questo, è solamente vero amore. E da quel mezzo si verifica che, quanto più escessivamente si desidera ama e segue, tanto più veramente è virtù. Perché già tal desiderio non è più dilettazione né utilità; ma depende da la moderazione di quelle, ch'è virtù intellettiva e veramente è cosa onesta.
Sofia
M'hai satisfatto de le differenzie che si truovano ne l'amare e desiderare le cose volontarie; e ho inteso la causa di tali differenzie. Ma io voglio ancora sapere da te, d'alcune cose amate e desiderate, di qual sorte de le tre sopradette spezie d'amore sono: com'è la sanità, i figliuoli, il marito, la moglie, e ancora la potenzia, il dominio, l'imperio, l'onore, la fama e la gloria; che tutte son cose che s'amano e desiderano; e non è ben manifesto se sono del genere de l'utile o del delettabile, o vero de l'onesto. Ché, se bene in una parte paiano delettabili per la dilettazione che si consegue in averle, da l'altra parte pare che non sieno: perché, dipoi che si hanno e si posseggono, ancor s'amano, senza venire in sazietà e fastidio. Il che più presto parrebbe de le cose utili e oneste, che de le delettabili.
Filone
La sanità, ancor che consegua l'utile, pure il proprio suo è il delettabile. E non è inconveniente che de le cose delettabili alcune ne sieno utili; così come de l'utili molte ne sono delettabili; e in tutte due alcune si truovano oneste. La sanità adunque principalmente ha del delettabile conveniente alla sua dilettazione; e non solamente è utile, ma ancora è onesta: e per questo la sazietà sua non è noiosa né mai viene in fastidio come l'altre cose puramente delettabili che, quando si posseggono, non si stimano, come quando mancano e si desiderano. È un'altra causa ancora per la quale la sanità non s'ha a noia né viene in fastidio: perché il sentimento de la sua dilettazione non è solamente appresso i sentimenti materiali esteriori, come il gusto a modo de le cose che si mangiano, o del tatto come la carnal dilettazione, o de l'odorato come gli odori li quali presto vengono in fastidio; ma ancora è appresso i sentimenti spirituali, che più tardi si saziano. Perché non consiste in odire, come le dolci armonie e le soavi voci, né ancora in vedere, come le belle e proporzionate figure; anzi la dilettazione de la sanità si sente con tutto il sentimento umano, così del sentimento esteriore come interiore, e ancora ne la fantasia; e quando non si ha, non solamente si desidera con l'appetito sensitivo ma ancora con la propria volontà governata dalla ragione. Di sorte che è una delettazione onesta, ben che per la continua possessione suole essere manco stimata.
Sofia
Mi basta quel che hai detto della sanità. Di' de' figliuoli.
Filone
Li figliuoli, benché qualche volta sieno desiderati per l'utile, come è per la successione delle ricchezze e per l'acquisto di quelle, niente di manco l'amore suo e natural desiderio è ancor delettabile: e però non si truova simigliante ne gli animali bruti, ché le lor delettazioni non si stendono se non ne li cinque sentimenti esteriori sopra nominati. Ché, se bene il vedere e udire i figliuoli causa dilettazione a' padri, non per questo il fine del suo desiderio è solamente in averli: ché la principal dilettazione consiste ne la fantasia e cogitazione (quale è spiritual potenzia, che non è quella de' sentimenti esteriori); e per questo non è la sua sazietà fastidiosa. E maggiormente, che non si desiderano sol con il puro sensuale appetito, ma ancora con la volontà dirizzata da la mente razionale; qual'è governatrice non errante de la natura. Ché (come dice il Filosofo) mancando agli animali l'individuale perpetuità, conoscendosi mortali, desiderano d'essere immortali almanco per li figliuoli: che è desiderio de la possibile immortalità degli animali mortali. E per essere in questo differente la dilettazione de' figliuoli a l'altre cose delettabili, segue che, quando si hanno, non vengono in sazietà fastidiosa. E in questo son simiglianti alla sanità; ché non solamente per la possessione cessa l'amore, anzi, dipoi che si sono avuti, s'amano e conservano con efficace diligenzia: e questo viene per il desiderio che gli resta de la futura immortalità. Di sorte che la dilettazione de' figliuoli, ha la proprietà del continuo amore che si truova ne le cose oneste: come interviene ne la sanità.
Sofia
Ho compreso quel che m'hai detto de l'amor de' figliuoli. Dimmi adesso de l'amore de la moglie al marito, e del marito alla moglie.
Filone
Manifesta cosa è che l'amor de' maritati è delettabile; ma debbe essere congionto con l'onesto. E per questa causa, dipoi che s' è avuta la dilettazione, resta il reciproco amore sempre conservato e cresce continuamente, per la natura de le cose oneste. Congiugnesi ancora ne l'amore matrimoniale l'utile con il delettabile e onesto, per ricevere continuamente li maritati utile l'uno de l'altro: il quale è una gran causa di far seguire l'amore in fra di loro. Talché, essendo l'amor matrimoniale delettabile, si continua per la compagnia che ha con l'onesto e con l'utile e con tutti due insieme.
Sofia
Dimmi ora del desiderio che hanno gli uomini de la potenzia, dominio e imperio: di che sorte è, e come s' intitula l'amor di quelli.
Filone
Amare e desiderare le potenzie è del delettabile congionto con l'utile. Ma perché la sua dilettazione non è materiale quanto al sentimento, ma spirituale ne la fantasia e cogitazione umana, e ancora per essere congionta con l'utile; però gli uomini che posseggono le potenzie non si saziano di quelle. Anzi i regni, imperi e domini, dipoi che sono acquistati, s'amano e conservano con astuzia e sollicitudine: non perché abbino de l'onesto (ché, in vero, in pochi di simili desidéri sì trova onestà), ma perché l'immaginazione umana, ne la qual consiste la dilettazione, non si sazia come li sentimenti materiali; anzi di sua natura è poco saziabile, e tanto più per essere quelli desidéri non manco de l'utile che del delettabile. Il quale è causa d'amare tali domini posseduti e di conservarli con grande sollicitudine, desiderando sempre crescerli, con cupidità insaziabile e appetito sfrenato.
Sofia
Mancami a sapere, de l'onore gloria e fama, in qual de le tre sorti d'amore si deve collocare.
Filone
L'onore e gloria è di due sorte: l'uno falso e bastardo, e l'altro vero e legittimo. Il bastardo è il lusinghiero della potenzia; il legittimo è premio de la virtù. L'onore bastardo, che li potenti desiderano e procurano, è de la sorte del delettabile: ma perché la sua dilettazione non consiste nel saziabile sentimento, ma solamente ne l'insaziabil fantasia; però in quella non interviene sazietà alcuna, come accade ne l'altre cose delettabili. Anzi, se bene gli manca l'onesto, perché in effetto è alieno da ogni onestà, non manco, dipoi che è acquistato, si continua e conserva con desiderio d'insaziabile augumento. Ma l'onore legittimo, come che sia premio de le virtù oneste, se bene è di sua natura delettabile, la sua dilettazione è mescolata con l'onesto. E per questo, e per essere ancora il suggetto suo la smisurata fantasia, interviene che, di poi s'è acquistato, s'ama e desidera l'augumento suo con insaziabil desiderio. E non si contenta la fantasia umana di conseguire l'onore e gloria per tutta la vita, ma ancora la desidera e procura largamente per di poi la morte: la qual propriamente si chiama fama. È ben vero, ancor che l'onore sia premio de la virtù, non però è debito fine degli atti onesti e virtuosi né per quello si debbe operare. Perché la fine de l'onesto consiste ne la perfezione de l'anima intellettiva. La quale con li virtuosi atti si fa vera, netta e chiara; e con la sapienzia si fa ornata di divina pittura. Però non può consistere ne l'oppinione degli uomini, che pongono l'onore e la gloria ne la memoria e scrittura che conservano la fama; né manco debbe consistere il proprio fine de la pura onestà nel fantastico diletto che piglia il glorioso della gloria e il famoso della fama. Questi son bene i premi che debitamente debbeno conseguire i virtuosi, ma non il fine che li muove a fare l'opere illustri. Debbesi lodare la virtù onesta; ma non si debbe operare la virtù per essere lodato. E se ben li lodatori fanno crescere la virtù, scemaria più presto, quando essa lode fusse il fine perché si facesse. Ma per la colligazione che hanno tali dilettazioni con l'onesto, sempre sono apprezzate e amate, e sempre si desidera augumentarle.
Sofia
Di quelle cose t'ho domandato, son satisfatta; e conosco essere tutte de la sorte del delettabile fantastico: ma in alcune si mescola l'utile, e in alcune altre l'onesto, e in alcune tutti due: e per questo l'abito suo non genera sazietà né fastidio. Al presente mi resta a sapere da te de l'amicizia umana e amor divino: di che sorte sono e di che condizione.
Filone
L'amicizia degli uomini qualche volta è per l'utile e qualche volta per il delettabile. Ma questi non sono perfetti amici né ferma amicizia: perché, levata l'occasione di tali amicizie, voglio dire che cessando l'utile e la dilettazione, finiscono e dissolvensi l'amicizie che da quelle nascono. Ma la vera amicizia umana è quella che è causa de l'onesto e vincolo de le virtù: perché tal vincolo è indissolubile e genera amicizia ferma e interamente perfetta. Questa è solamente fra tutte l'amicizie umane la più commendata e lodata; ed è causa di colligare gli amici in tanta umanità, che 'l bene o male proprio di ciascun di loro è comune a l'uno e l'altro; e qualche volta diletta più il bene e attrista il male a l'amico che al proprio paziente: e spesso piglia l'uomo parte degli affanni de l'amico per alleggerirlo di quelli o veramente per soccorrerlo con l'amicizia ne le sue fadighe, ché la compagnia ne le tribulazioni è causa che manco si sentono. E il Filosofo diffinisce tali amicizie dicendo che 'l vero amico è un altro se medesimo, per denotare che chi è ne la vera amicizia ha doppia vita costituita in due persone, ne la sua e in quella dell'amico; talché l'amico suo è un altro se medesimo, e ciascuno di loro abbraccia in sé due vite insieme, la propria sua e quella de l'amico; e con eguale amore ama tutte due le persone, e parimente conserva tutte due le vite. E per questa causa comanda la sacra scrittura l'onesta amicizia dicendo: " Amarai il prossimo come te medesimo"; vuole che l'amicizia sia di sorte che si faccino uniti parimente, e un medesimo amore sia ne l'animo di ciascuno degli amici. E la causa di tale unione e colligazione è la reciproca virtù o sapienzia di tutti due gli amici. La quale, per la sua spiritualità e alienazione da materia e astrazione de le condizioni corporee, remuove la diversità de le persone a l'individuazione corporale; e genera ne gli amici una propria essenzia mentale, conservata con sapere e con amore e volontà comune a tutti due, così privata di diversità e discrepanzia come se veramente il suggetto de l'amore fusse una sola anima ed essenzia, conservata in due persone e non multiplicata in quelle. E in ultimo dico questo, che l'amicizia onesta fa d'una persona due, e di due una.
Sofia
De l'amicizia umana in poche parole m'hai detto assai cose. Veniamo a l'amor divino: ché desidero saper di quello come del supremo e maggiore che sia.
Filone
L'amor divino non solamente ha de l'onesto, ma contiene in sé l'onestà di tutte le cose e di tutto l'amor di quelle, come che sia perché la divinità è principio, mezzo e fine di tutti gli atti onesti.
Sofia
Se è principio, come può essere fine e ancor mezzo?
Filone
È principio, perché da la divinità depende l'anima intellettiva agente di tutte le onestà umane: la quale non è altro che un piccolo razo de l'infinita chiarezza di Dio, appropriato a l'uomo per farlo razionale, immortale e felice. E ancora questa anima intellettiva, per venire a fare le cose oneste, bisogna che participi del lume divino: perché, non ostante che quella sia prodotta chiara come razo de la luce divina, per l'intendimento della colligazione che tiene col corpo e per essere offuscata da la tenebrosità de la materia, non può pervenire all'illustri abiti de la virtù e lucidi concetti de la sapienzia, se non ralluminata da la luce divina ne' tali atti e condizioni. Ché, così come l'occhio, se ben da sé è chiaro, non è capace di vedere i colori le figure e altre cose visibili senza essere illuminato da la luce del sole, la quale, distribuita nel proprio occhio e ne l'oggetto che si vede e nella distanza che è fra l'uno e l'altro, causa la visione oculare attualmente; così il nostro intelletto, se bene è chiaro da sé, è di tal sorte impedito negli atti onesti e sapienti da la compagnia del rozzo corpo, e così offuscato, che gli è di bisogno essere illuminato da la luce divina. La quale, reducendolo da la potenzia a l'atto, - e illuminate le spezie e le forme de le cose procedenti da l'atto cogitativo, quale è mezzo fra l'intelletto e le spezie de la fantasia, - il fa attualmente intellettuale, prudente e sapiente, inclinato a tutte le cose oneste e renitente da le disoneste: e levandoli totalmente tutta la tenebrosità, resta lucido in atto perfettamente. Sicché, ne l'un modo e ne l'altro, il sommo Dio è principio dal quale tutte le cose oneste umane dependeno, così la potenzia come l'atto di quelle. Ed essendo il supremo Dio pura, somma bontà, onestà e virtù infinita, bisogna che tutte l'altre bontà e virtù dependino da lui come da vero principio e causa di tutte le perfezioni.
Sofia
Giusto è che 'l principio de le cose oneste sia nel sommo fattore; né in questo era dubio alcuno. Ma in che modo è mezzo e fine di quelle?
Filone
La pia divinità è mezzo a ridurre a effetto ogni atto virtuoso e onesto. Perché, essendo la provvidenzia divina appropriata con maggior spezialità a quelli che participano de le divine virtù, e tanto più particularmente quanto più participano di quelle; non è dubbio che non sieno grandemente adiutrici ne l'opera di tali virtù, dando aiuto a quelli tali virtuosi per conseguire gli atti onesti e riducerli a perfezione. Ancora è mezzo ne' tali atti in un altro modo: perché, come contiene in sé tutte le virtù e eccellenzie, è esemplo imitativo di tutti quelli che cercono operare virtuosamente. Qual maggior pietà e clemenzia che quella de la divinità? Qual maggior liberalità che quella che di sé fa parte a ogni cosa prodotta? Qual più integra giustizia che quella del suo governo? Qual maggior bontà, più ferma verità, più profonda sapienzia, più diligente prudenzia, che quella che conosciamo essere ne la divinità? non perché la conosciamo secondo l'essere che ha in se medesima, ma per l'opere sue che vediamo ne la creazione e conservazione de le creature de l'universo. Di modo che, chi considera ne le virtù divine, l'imitazione di quelle è via e mezzo a tirarci a tutti gli atti onesti e virtuosi e a tutti i savi concetti a' quali l'umana condizione può arrivare: ché, non solamente Dio è padre a noi ne la generazione, ma maestro e maraviglioso amministratore per attraerci a tutte le cose oneste mediante i suoi chiari e manifesti esempli.
Sofia
Mi piace molto che l'onnipotente Dio non solamente sia principio d'ogni ben nostro, ma ancor mezzo. Vorria sapere in che modo è fine.
Filone
Solo Dio è fine regolato di tutti gli atti umani. Perché l'utile è per acquistare il conveniente delettabile; e la necessaria delettazione è per la sustentazione umana; la quale è per la perfezione de l'anima; e questa si fa perfetta primamente con l'abito virtuoso, e dipoi di quello venendo alla vera sapienzia: il fine de la quale è il conoscere Dio, quale è somma sapienzia, somma bontà e origine d'ogni bene. E questo tale conoscimento causa in noi immenso amore, pieno di eccellenzia e onestà: perché tanto è amata la cosa onestamente, quanto è conosciuta per buona; e l'amore di Dio debba eccedere ogni altro amore onesto e atto virtuoso.
Sofia
Io ho inteso che altra volta hai detto che, per essere infinito e in tutta perfezione, non si può conoscere da la mente umana; la quale è, in ogni sua cosa, finita e terminata. Perché, quello che si conosce, si debbe comprendere. E come si comprenderà l'infinito dal finito, e l'immenso dal poco? e non potendosi conoscere, come si potrà amare? Ché tu hai detto che la cosa buona bisogna conoscerla, prima che s'ami.
Filone
L'immenso Dio tanto s'ama quanto si conosce. E così come dagli uomini interamente non può esser conosciuto, né ancor la sua sapienzia da la gente umana; così non può interamente essere amato in quel grado dagli uomini, che da la parte sua si conviene. Né la nostra volontà è capace di così escessivo amore; ma de la nostra mente è conoscere secondo la possibilità del conoscitore, ma non secondo l'immensa eccellenzia del conosciuto. Né la nostra volontà ama secondo che lui è degno d'essere amato, ma quanto si può estendere in lui ne l'atto amatorio.
Sofia
Si può ancor conoscere la cosa che per il conoscente non si comprenda.
Filone
Basta che si comprenda quella parte che de la cosa si conosce: ché il conosciuto si comprende dal conoscente secondo il potere del conoscente, e non secondo quello del conosciuto. Non vedi tu che s'imprime e comprende la forma de l'uomo nel specchio, non secondo il perfetto essere umano, ma secondo la capacità e forza de la perfezione del specchio? il quale è solamente figurativo e non essenziale. Il fuoco è compreso da l'occhio, non secondo la sua ardente natura, ché se così fusse l'abbruciarìa; ma solamente secondo il colore e la figura sua. E qual maggiore esemplo che essere compreso il grande emisperio del cielo da sì piccola parte come è l'occhio? Vedi che è tanta la sua piccolezza, che si truova alcun savio che crede essere indivisibile, senza potere ricevere alcuna divisione naturale. Però l'occhio comprende le cose secondo la sua forza oculare, sua grandezza e sua natura; ma non secondo la condizione de le cose viste in se medesime. E di questa sorte comprende il nostro piccolo intelletto l'infinito Dio: secondo la capacità e forza intelligibile umana, ma non secondo il pelago senza fondo de la divina essenzia e immensa sapienzia. A la qual cognizione segue e responde l'amor di Dio conforme a l'abilità de la volontà umana, ma non proporzionata all'infinita bontà di esso ottimo Dio.
Sofia
Dimmi se in questo amor di Dio si mescola desiderio.
Filone
Anzi non è mai spogliato l'amor divino d'ardente desiderio: il quale è d'acquistare quel che manca del conoscimento divino; di tal modo che, crescendo il conoscimento, cresce l'amore de la divinità conosciuta. Ché, escedendo l'essenzia divina il conoscimento umano in infinita proporzione, e non manco la sua bontà l'amor che gli umani gli portono; però resta a l'uomo sempre felice ardentissimo e sfrenatissimo desiderio di crescere sempre il conoscimento e amor divino. Del qual crescimento l'uomo ha sempre possibilità, da la parte de l'oggetto conosciuto e amato; benché da la parte sua potria essere fussero determinati tali effetti in quel grado che l'uomo più innanzi non può arrivare; o vero che, ancor dipoi de l'essere ne l'ultimo grado, gli resta impressione di desiderio per sapere quel che gli manca, senza posservi mai pervenire, ancor che fusse beato per l'eccellenzia de l'amato oggetto sopra la potenzia e abito umano. Benché tal restante desiderio ne' beati non debbe causare passione per il mancamento; poiché non è in possibilità umana aver più; anzi gli dà somma dilettazione l'essere venuti ne l'estremo de la sua possibilità e nel conoscimento e amor divino, Sofia. Poi che siamo venuti a questo, vorria sapere in che modo consiste questa beatitudine umana.
Filone
Diverse sono state l'oppinioni degli uomini nel suggetto de la felicità. Molti l'hanno posta ne l'utile e possessione de' beni de la fortuna e abbundanzia di quelli fin che dura la vita. Ma la falsità di questa oppinione è manifesta: perché simili beni esteriori sono causati per li interiori; di modo che questi dependono da quelli, e la feIicità debbe consistere ne li più eccellenti; e questa felicità è fine de l'altre e non per nessuno altro fine; ma tutti son per questo, massime che simili beni esteriori sono in potere de la fortuna, e la felicità debbe essere in potere de l'uomo. Alcuni altri hanno avuta diversa oppinione, dicendo che la beatitudine consiste nel delettabile: e questi sono l'epicurei, quali tengono la mortalità de l'anima, e nissuna cosa credono essere felice ne l'uomo escetto la dilettazione in qual si voglia modo. Ma la falsità di questa loro oppinione non è ancora occulta: perché il delettabile corrompe se medesimo quando viene in sazietà e fastidio, e la felicità dà intero contentamento e perfetta satisfazione. E di sopra abbiamo detto che 'l fine del delettabile è l'onesto; e la felicità non è per altro fine, anzi è causa finale d'ogni altra cosa. Sicché senza dubio la felicità consiste ne le cose oneste e negli atti e abiti de l'anima intellettiva; quali sono li più eccellenti e fine degli altri abiti umani; e son quelli mediante li quali l'uomo è uomo e di più eccellenzia che nissuno altro animale.
Sofia
Quanti e quali sono questi abiti degli atti intellettuali?
Filone
Dico che son cinque: arte, prudenzia, intelletto, scienzia e sapienzia.
Sofia
In che modo le diffinisci?
Filone
L'arte è abito de le cose da farsi secondo la ragione; e son quelle che si fanno con le mani e con opera corporale; e in quest'arte s'intercludeno tutte l'arti meccaniche, ne le quali s'adopera l'instrumento corporale. La prudenzia è abito degli atti agibili secondo la ragione, e consiste ne l'opera de' buoni costumi umani; e in questa s'interclude tutte le virtù che s'operano mediante la volontà e gli effetti volontari d'amore e desiderio. L'intelletto del quale [abito] è principio di sapere; quali abiti son conosciuti e concessi da tutti naturalmente, quando li vocabuli sono intesi: come è quello che 'l bene si debbe procurare e il male fuggire e che li contrari non possono stare insieme e altri simili, ne' quali la potenzia intellettiva s'opera nel suo primo essere. La scienzia è abito de la cognizione e conclusione, qual si genera de li sopradetti princìpi: e in questa s'interclude le sette arti liberali, nella quale s'opera l'intelletto nel mezzo del suo essere. La sapienzia è abito di tutte due insieme, che è di principio e di conclusione di tutte le cose che hanno essere. Questa sola arriva al conoscimento più alto de le cose spirituali; e li greci la chiamano teologia, che vuol dire scienzia divina, e chiamasi prima filosofia, per essere capo di tutte le scienzie; e il nostro intelletto s'opera in questa nel suo ultimo e più perfetto essere.
Sofia
La felicità in quale di questi due abiti veri consiste?
Filone
Manifesto è che non consiste in arte né in cose artificiali, che più presto levano la felicità che la procaccino; ma consiste la beatitudine negli altri abiti, gli atti de' quali s'includeno in virtù o sapienzia, ne le quali veramente la felicità consiste.
Sofia
Dimmi più particularmente in qual di queste due consiste ultimamente la felicità, o ne la virtù o ne la sapienzia.
Filone
Le virtù morali son vie necessarie per la felicità; ma il proprio suggetto di quelle è la sapienzia, la quale non saria possibile averla senza le virtù morali: ché chi non ha virtù non può essere sapiente, così come il savio non può essere privato di virtù. Di modo che la virtù è la via de la sapienzia, e lei il luogo de la felicità.
Sofia
Molte sono le sorte del sapere e diverse sono le scienzie, secondo la moltitudine de le cose acquistate e la diversità e modo che son conosciute da l'intelletto. Dimmi adunque in quale e in quante consiste la felicità: se è in conoscere tutte le cose che si truovano, o in parte di quelle, o se consiste ne la cognizione d'una cosa sola; e qual potria essere quella cosa che la sua cognizione fa il nostro intelletto felice.
Filone
Furono alcuni sapienti che stimarono consistere la felicità ne la cognizione di tutte le scienzie de le cose; e in tutte, senza mancarne alcuna.
Sofia
Che ragione mostrano in confirmazione de la loro oppinione?
Filone
Dicono che 'l nostro intelletto è in principio pura potenza d'intendere; la qual potenzia non è determinata a alcuna sorte di cose, ma è comune e universale a tutte; e, come dice Aristotile, la natura del nostro intelletto è possibile a intendere e ricevere ogni cosa, come la natura de l'intelletto agente; che è quello che fa le simili intellettive, e illumina di quelle il nostro intelletto, e gli fa fare ogni cosa intellettuale, e illumina e imprime ogni cosa ne l'intelletto possibile, e non è altro che essere redutto da la sua tenebrosa potenzia a l'atto, illuminato per l'intelletto agente. Segue che la sua ultima perfezione e sua felicità debbe consistere ne l'essere interamente redutto di potenzia in atto di tutte le cose che hanno essere: perché, essendo esso in potenzia a tutte, debbe essere la sua perfezione e felicità nel conoscerle tutte; di sorte che nissuna potenzia né mancamento resti in lui. E questa è l'ultima beatitudine e felice fine de l'intelletto umano. Nel qual fine dicono che 'l nostro intelletto è privato in tutto di potenzia ed è fatto attuale; e in tutte le cose s'unisce e converte nel suo intelletto agente illuminante per la rimozione de la potenzia, qual causa la sua diversità. E in questo modo l'intelletto possibile si fa puro in atto: la quale unione è ultima perfezione e la vera beatitudine. E questa si chiama felice coppulazione de l'intelletto possibile con l'intelletto agente.
Sofia
Questa loro ragione mi pare manco efficace che alta; ma più presto mi pare che inferisca il non essere de la beatitudine, che 'l modo de l'essere suo.
Filone
Perché?
Sofia
Perché, se non può essere l'uomo beato fin che non abbi conosciuto tutte le cose, non potrà mai essere: ché è quasi impossibile un uomo venire in cognizione di tutte le cose che sono, per la brevità de la vita umana e la diversità de le cose de l'universo.
Filone
Vero è quel che dici. E manifestamente è impossibile che un uomo conosca tutte le cose, e ciascuna per sé separatarnente. Però che in diverse parti de la terra si truova tante diverse sorte di piante, e d'animali terrestri e volanti, e d'altri misti non animati; e un uomo non può scorrere tutto il cerchio de la terra per conoscerli e vederli tutti. E quando potesse vedere il mare e sua profondità, ne la quale si truovano molte più spezie d' animali che ne la terra (tanto che si dubbita di qual si truovi più nel mondo o d'occhi o di peli; perché si stima non essere manco il numero degli occhi marini che 'l numero (de' peli degli animali terrestri); ne fa bisogno esplicare l'incomprensibile riconoscimento de le cose celesti, né del numero de le stelle de l'ottava sfera, né de la natura e proprietà di ciascuna. La moltitudine de le quali formano quaranta otto figure celesti: de le quali dodici sono nel zodiaco, che è la via per la quale il sole fa il suo corso; e vintiuna figura sono a la parte settentrionale de l'equinozio, fino al polo artico manifesto a noi altri, qual chiamano tramontan; e l'altre quindici figure che restano, son quelle che noi altri possiamo vedere ne la parte meridionale, da la linea equinoziale fino al polo antartico a noi altri occulto. E non è dubbio che in quella parte meridionale, circa del polo, si truovano molte altre stelle, in alcune figure a noi altri incognite per essere sempre sotto al nostro emisferio; del qual siamo stati migliara d'anni ignoranti, benché al presente se n'abbia qualche notizia per la nuova navigazione de' portughesi e spagnuoli. Né bisogna esprimere quel che non sapiamo del mondo spirituale, intellettuale e angelico, e de le cose divine; de le quali nostra cognizione è minore che una goccia d'acqua in comparazione di tutto il mare oceano. E lasso ancor di dire quante cose di quelle che vediamo che non le sapiamo, e ancor de le proprie nostre: tanto che si truova chi dice le proprie differenzie essere a noi altri ignoranti. Ma almanco non si dubita essere molte cose nel mondo che non le possiamo vedere né sentire, e per questo non le possiamo intendere: ché, come dice il Filosofo, nissuna cosa è ne l'intelletto che prima non sia nel sentimento.
Sofia
Come! non vedi tu che le cose spirituali s'apprendeno per l'intelletto senza essere mai viste o sentite?
Filone
Le cose spirituali son tutte intelletto: e l'intellettual luce è ne l'intelletto nostro come è in se medesima, per unione e propria natura. Ma non è come le cose sensate: che, avendo bisogno de l'intelletto per l'opera de l'intellezione, si ricevono in quello come una cosa ne l'altra si riceve; che, per essere tutte materiali, con verità si dice che non possono essere ne l'intelletto se prima non si truovino nel senso, che materialmente le conosce.
Sofia
Tutti quelli che intendono le cose spirituali, credi tu l'intendino per quella unità e proprietà che hanno con il nostro intelletto?